ALCUNI CENNI SULLA

MUSICA

COME

ESPRESSIONE E PARTECIPAZIONE

DI GESÙ IN MEZZO A NOI

A raffronto con scritti di Chiara Lubich

INTRODUZIONE

La musica è forse una delle arti che più facilmente si presta a divenire "espressione" e "partecipazione" della presenza di Dio fra gli uomini, proprio per la sua prerogativa di arte "temporale" ed "astratta".

Vediamo in che senso.

La musica, dice Von Balthasar, contribuisce, in quanto è arte, a "dare forma" al divino. E lo fa proprio a motivo della singolarità della sua forma...nel modo più immediato e penetrante1. Il divino, spiega Von Balthasar, "non vi si nasconde in modo del tutto congruente: la supera e sembra agire qui non tanto come forma, ma direttamente tramite la forma, come attraverso un velo sottile"2.

La musica, "l'arte dei suoni", è proprio quella che si "sente", agisce sui nostri sentimenti3. Ha, per sua natura, la capacità di "captare" come un'antenna i sentimenti e di comunicarli.

La musica, inoltre, per tanti suoi aspetti, richiede la reciprocità. Per fare solo un esempio: si pensi al rapporto che si deve instaurare fra compositore, esecutore e ascoltatore.

Allora, se la musica ha queste "facoltà" che la rendono idonea a "dare forma" al divino, non potrebbe essere che la musica sia stata pensata da Dio per essere, in certo modo, un’espressione e partecipazione della sua vita? C'è qualcosa nella sua "materia signata"4, nell'idea o nel senso che come materia prima ne sta alla base, che la rende particolarmente portata a questa funzione di "comunicazione" del divino?

IL SUONO

 Dio non ha voluto che vivessimo in un mondo di silenzio5 e così, per poter percepire e ricevere i suoni, abbiamo un organo incredibilmente sofisticato: l'orecchio. Con l'orecchio l'uomo diventa destinatario delle informazioni che gli arrivano dal mondo esterno e diventa egli stesso artefice di comunicazioni dello stesso tipo, che vanno dai rumori elementari alle parole, al linguaggio, ai suoni e alle loro così varie e raffinate organizzazioni musicali.

"Tutto ciò che è nella creazione è creatura di Dio, di quel Dio che (perché Amore) non può (non vuole) dare ciò che non ha, ciò che non è"6.

E ancora:

"Nella creazione tutto è Trinità: Trinità le cose in sé, perché l'Essere loro è Amore, è Padre; la Legge in loro è Luce, è Figlio, Verbo; la Vita in loro è Amore, è Spirito Santo. Il tutto partecipato al Nulla. E sono Trinità fra loro, ché l'una è dell'altra Figlio e Padre, e tutte concorrono, amandosi, all'Uno, donde sono uscite"7.

Tutto il creato ha ricevuto l'impronta di Dio che è Uno e Trino8. Anche nel suono (che è la materia prima della musica), prima ancora che venga elaborato dall'uomo per divenire note, possiamo scorgere queste orme?

Penso che tutti abbiamo sperimentato in qualche modo il fenomeno della "risonanza". Per esempio: cantando o suonando sentiamo risuonare per "simpatia" qualche bicchiere che c'è nella stanza. In acustica ciò viene definito come la partecipazione, si direbbe la "risposta" di un sistema atto a vibrare alla vibrazione generata da un altro sistema, trasmessa attraverso l'aria eccitata dalle vibrazioni della sorgente. Un altro fenomeno, quello dell’"interferenza"9, definisce la coesistenza di più onde in uno stesso luogo dello spazio, le quali, agendo contemporaneamente, sommano algebricamente i loro effetti, secondo le rispettive posizioni relative di fase. La sommatoria delle singole energie è un gioco di "dare e avere" che frutta una nuova onda, risultato dell'interferenza.

Pensiamo a quanto potente possa essere il rapporto fra due suoni, se il loro "incontro" può produrre un "terzo suono"10. Il fenomeno viene sfruttato, per esempio, nella costruzione degli organi a canne: per non dover fare una canna di 5,20 mt. per il Do (di 32.70 Hz) si usano due canne, una di 2,6 e l'altra di 1,73 mt., perfettamente accordate all'ottava e alla dodicesima nota. Queste due generano il terzo suono, il Do basso.

Questi pochi esempi ci fanno intravedere nel suono (inteso sia in senso generale sia come nota musicale), un riflesso di Dio Trinità, suo creatore.

Ma Chiara ci parla ancora della "relazione" fra gli elementi della natura percependo, come legge immanente, l'amore.

"Le cose erano tutte collegate fra loro dall'amore, tutte - per così dire - l'una dell'altra innamorate. Per cui se il ruscello finiva nel lago era per amore. Se un pino s'ergeva accanto ad un altro era per amore"11.

E ancora in "Riflessioni dopo i voli spaziali" dice:

"Il fatto è che, se noi potessimo vedere oltre il velo del creato, troveremmo Colui che sostiene tutto ciò che vediamo e lo ordina e lo muove. E vedremmo tale aderenza, tale vicinanza, tale unità, pur nella distinzione di creato e increato, da rimanere sbalorditi. I mistici hanno avuto, non di rado, delle intuizioni o intellettuali visioni di ciò che noi, uomini normali, non possiamo vedere. Essi, più forte di ciò che l'occhio osserva distinto e separato: il fiore, il cielo, la sorgente, il sole, la luna, il mare, la notte, il giorno, hanno veduto una Luce amorosa che tutto regge e tutto collega, come se il creato fosse un unico canto d'amore; come se pietra e neve, prati e stelle fossero nel loro più profondo essere così fusi con Essa e fra loro da risultare l'uno creato in dono all'altro, gli uni quasi innamorati degli altri"12.

Si sa che il suono potrebbe essere definito sia come "sensazione uditiva determinata dalle vibrazioni acustiche", sia come "vibrazioni acustiche che determinano una sensazione uditiva"... e già qui c'è una traccia del rapporto di reciprocità, perché sono le molecole d'aria che si passano le vibrazioni fino a trasmetterle al nostro orecchio.

Il suono stesso, poi, non esiste normalmente come un suono cosiddetto "puro"13, a causa della presenza di componenti armoniche14 generate dalle vibrazioni fondamentali. E proprio dalla quantità e dal rapporto fra suono fondamentale e componenti armoniche si ha lo spessore del suono, il timbro: è quello che gli dà il colore, l'identità, per cui si può dire: "È un suono di flauto o di violino ecc.". È interessante, ma il rapporto, anzi, la reciprocità nel rapporto è proprio nella "natura" del suono, nelle sue caratteristiche fisiche. Il suono, inteso in senso stretto come nota musicale, nasce proprio da questo "incontro", da questo gioco di interdipendenza fra nota fondamentale e armoniche15.

Tutti questi fenomeni, per analogia, sembrano ritrovarsi in quel:

"...io sono stata creata in dono a chi mi sta vicino e chi mi sta vicino è stato creato da Dio in dono per me. Come il Padre della (nella) Trinità è tutto per il Figlio ed il Figlio è tutto per il Padre. Sulla terra tutto è in rapporto di amore con tutto: ogni cosa con ogni cosa. Bisogna essere l'Amore per trovare il filo d'oro fra gli esseri"16.

Questo, mi sembra, richiami quanto dice Von Balthasar in Rivelazione e Bellezza parlando del bello che

"ritornerà solo quando tra la salvezza trascendente, teologica, e il mondo perduto nel positivismo e nella freddezza spietata, la forza del cuore cristiano sarà tanto grande da sperimentare il cosmo come rivelazione di un abisso di grazia e d'incomprensibile amore assoluto. Non semplicemente di "credere" ma di sperimentare"17.

"Essenza" del suono è dunque: vibrazione, armonia e timbro; voce esteriore e risonanza interiore. Non ci stupiamo perciò che il gioco dei suoni e l’intreccio delle risonanze - da sempre - siano stati il veicolo preferito per la felicità dell’amore. Se pensiamo all’origine di tutte le cose, siamo illuminati da questa intuizione: Dio ha "inventato" l’essenza dei suoni e il gioco delle risonanze perché noi possiamo "sentire" un’eco delle sue stesse vibrazioni d’amore. La reciprocità che i suoni generano e chiedono è un invito al comune sentire – c o n s e n t i r e , sentire in c o n s o n a n z a - tra Dio e gli uomini, e poi degli uomini tra loro. Le leggi dei suoni, le leggi dell’anima, le leggi del cielo (gli antichi lo sentivano forse meglio di noi) hanno profondi e misteriosi rapporti. Sarà che, anche attraverso la musica, Dio vuole "comunicare"18 agli uomini la sua stessa vita che è amore?

LA MUSICA

 Vorrei accennare brevemente ad un rapporto di reciprocità nel quale si può intravedere l'essenza della musica stessa: quello che si instaura fra ritmo, melodia e armonia.

Guardiamo questi elementi prima uno alla volta.

Il ritmo

Come le arti figurative si collocano nello spazio e così noi le cogliamo nel loro insieme ed in ogni particolare, così l'arte dei suoni si colloca nel tempo che scorre. Sembra che Dio abbia impresso già nella natura dell'uomo un’innata coscienza della successione regolare del tempo e del ritmo... tutte le sue funzioni vitali sono governate dal tempo. Ha imparato per istinto e per esperienza che il lavoro ordinato da un ritmo preciso ha dei risultati migliori19. Lo sente nel suo corpo (i battiti regolari del cuore, la respirazione) e nell'equilibrio dell'universo attorno a lui (il movimento ritmico degli astri e la periodicità delle stagioni e dei giorni). Per Platone il ritmo ordina il movimento. Si possono distinguere ritmi nel volo di un uccello, nelle pulsazioni delle arterie, nel passo di danza del ballerino, nei periodi del discorso20.

Così come la durata del giorno può essere misurata in ore, minuti e secondi, pur restando sempre una realtà fisica indipendente dai sistemi di misurazione, allo stesso modo la musica si misura in metro, tempo e ritmo21.

È importantissimo per la musica questo rapporto d'interdipendenza del metro con il ritmo e la grande libertà che esso sprigiona. Faccio solo un esempio: quando in un pezzo di Jazz il solista sottolinea continuamente gli accenti "offbeat" (sincopati), nonostante in quel momento siano "protagonisti", per così dire, questi accenti irregolari, sentiamo presentissima la percussione che segna la pulsazione regolare del metro. Anzi, sono proprio quegli insistenti controtempi che ci fanno sentire la pulsazione regolare attorno alla quale girano. Se non ci fossero quei forti accenti di base non godremmo di quella libera fantasia né la comprenderemmo. Allora possiamo dire che è la pulsazione regolare del metro a mettere in rilievo tutta l'invenzione del ritmo. Ci sono infinite possibilità di "giochi" fra ritmo e metro ed un rapporto di interdipendenza molto importante. È il metro che ci segna le pulsazioni regolari della musica ed è il ritmo che le raggruppa in tante formazioni diverse, suddivisioni più varie di questa pulsazione di base22.

 

La melodia

La melodia è una successione di note disposte l'una accanto all'altra fra le quali c'è un rapporto di continuità strettissimo. Alle volte basta cambiare la posizione di una o toglierne un'altra perché la melodia assuma una fisionomia completamente diversa. Sono note nelle quali "abita un'energia nascosta ma potente, che agisce in modo inesplicabile". In questo rapporto orizzontale fra le note "c'è come un fluido singolarissimo, il quale unisce le note fra loro formando un'unità che conferisce loro un carattere nuovo. (…)Nella melodia realmente il tutto è più grande della somma delle parti". Così Von Balthasar, nel suo saggio Lo sviluppo dell'idea musicale, parla di questo elemento misterioso della musica, che è il più difficile da analizzare.

 

L'armonia

Sappiamo che i primi tentativi di sovrapposizione di note che suonano simultaneamente (rapporto verticale tra di esse) sono stati piuttosto lenti. Nell'antichità, il concetto di "relazione" nell'arte era estraneo alla cultura greca23. L'idea di "relazione" è una scoperta dell'uomo occidentale, ed è stata applicata in ogni ambito, compresa la musica. "Con lo sviluppo della cultura occidentale quello che fino ad allora era stato letto in senso esclusivamente orizzontale (...) ha acquisito improvvisamente una nuova dimensione: i collegamenti verticali facevano presagire una profondità nella musica"24.

Poi, a poco a poco, cresce una comprensione sempre più grande della potenza di questo rapporto di armonia25 e le note vengono sovrapposte in combinazioni sempre nuove. Con l'evoluzione del concetto di consonanza e dissonanza, fino all'amalgamarsi di note in "accordi" che prima non si potevano concepire come tali, l'armonia si è aperta alla possibilità di sovrapposizioni "infinite".

È sempre Von Balthasar che ci parla del rapporto che si è instaurato fra melodia e armonia:

"... l'armonia, anche se apre inattese possibilità, non ha lo stesso valore intrinseco della melodia... Giacché l'armonia da sola non può spingersi fino ad incarnare l'idea più alta, poiché, quale arte solo matematica, quasi tecnica, non ha alcun contatto con la dimensione organica. Il volo più alto può compierlo solo la melodia: tuttavia l'armonia è il suo sostegno insostituibile, poiché da lei prende forza, su di lei si libra più facilmente, solo in lei trova il suo compimento"26.

È meraviglioso questo rapporto strettissimo che c'è fra melodia e armonia, alle quali aggiungiamo anche il terzo elemento del ritmo. Come abbiamo detto prima, in questa reciprocità c'è l'essenza della musica. C'è un "quadro" descrittivo e poetico in cui Chiara ci dipinge la vita in cielo come una "rosa mistica". Vorrei riprenderne alcune parti riferendole ai tre aspetti della musica cui abbiamo appena accennato. "Il brano inizia con l'affermazione che ogni tanto le anime si uniscono intorno ad un "centro" a formare un tutt'uno, "come un bocciolo d'una mistica rosa". Poi, in un processo che altrove Chiara chiama "trinitizzazione" (perché ricorda la vita della Trinità), tutte si distingueranno di nuovo, ognuna portando in sé la realtà del tutto, dell'uno "come tanti petali, ognuno dei quali si formerà in rosa, in bocciolo di rosa con altri petali suddividentisi, snodantisi e formanti a loro volta altri boccioli... Il tutto poi tornerà al bocciolo cuore... La rosa poi s'aprirà ancora in altri modi, secondo altri rapporti che passano fra le anime, e i disegni e le armonie saranno perennemente nuovi... Così il cielo sarà sempre nuovo...il bello sempre nuovo""27.

E così questa dinamica del "sempre nuovo" si imprime anche nella musica, nei suoi disegni e giochi sempre nuovi fra melodia, ritmo e armonia.

I MUSICISTI

Abbiamo intraviste le orme di Dio nella materia prima della musica, il suono; poi, nelle note in rapporto fra loro in senso orizzontale e verticale; ed ancora nelle mille sfumature di rapporti che si possono creare fra melodia, armonia e ritmo.

Vorrei ora guardare più da vicino alcuni fra i tanti rapporti di reciprocità che si creano tra le persone che vengono coinvolte nel fare musica. Esse entrano oggi in rapporto con la musica in due modi: la musica scritta (musica in potenza) e la musica quando viene realmente suonata o cantata (musica in atto).

Nella musica è subito chiaro che ci vuole chi esegue e chi ascolta28. Già i primi due lati di questo triangolo di reciprocità, compositore - esecutore, esigono un’estrema finezza di rapporto. I. Strawinsky, nel capitolo che dedica all'esecuzione in Poetica della musica, tratta questo argomento con estrema precisione, sottolineando acutamente che ogni interprete ha in sé un esecutore, ma purtroppo non sempre ogni esecutore ha in sé un interprete29, ed elenca i motivi di questa affermazione. Anche se il compositore annota sulla musica i suoi desideri riguardo a tempo, colori, legature e accenti, ecc... ci sono sempre delle sfumature che rimangono aperte e dipendono dall'esperienza e dall'intuizione di chi presenterà quella musica. "Così, diversamente dall'artista delle arti figurative, la cui opera compiuta si presenta sempre identica a se stessa agli occhi del pubblico, il compositore si espone a una pericolosa avventura ogni volta che fa sentire la sua musica, poiché la buona presentazione dell'opera sua dipende ogni volta da quei fattori imprevedibili e imponderabili che formano nell'esecutore le virtù della fedeltà e della simpatia, senza le quali l'opera sarà irriconoscibile, o inerte, e in

ogni caso tradita".

Spiega ancora in concreto alcuni "peccati contro lo spirito dell'opera": per esempio, nel crescendo imporre un'accelerazione e nel diminuendo sempre un rallentamento... o in generale, per ottenere dei coloriti inutili, essere imprecisi nel ritmo, ecc... Tutte queste sono usanze "care agli spiriti superficiali, sempre avidi (...) d'un successo immediato e facile che solletica la vanità di colui che l'ottiene e pervertisce il gusto di coloro che l'applaudono". Strawinsky parla dei cantanti, dei pianisti, di tutti i virtuosi, e si sofferma sul direttore d'orchestra che "impone alle composizioni che dirige i suoi movimenti, i suoi coloriti particolari, ed è indotto a parlare (...) delle sue specialità, della sua Quinta, della sua Settima, come un cuoco che vanti un piatto di sua fattura"30.

Come dovrebbe essere questo esecutore-interprete per riuscire a dare la musica arricchita della sua anima, sì, ma anche una sola cosa con l'anima e il pensiero del compositore? Certo, ci vuole una preparazione musicale adatta, con abilità tecnica, con un profondo senso della tradizione e una conoscenza precisa della musica che si vuole presentare. E questo, in fondo, non è difficile da capire. Ma se vogliamo, di nuovo, cercare il rapporto più profondo che si deve creare tra il "fare musica" (del compositore, dell’esecutore, dell’ascoltatore) e la "risonanza interiore" che ne può derivare, dobbiamo aprire il discorso ad un orizzonte più alto.

Chiara ci parla dell'artista e mi sembra che potremmo applicare le sue parole qui al compositore che "crea" musica, ma anche all’esecutore che la "ri-crea" per trasmetterla all'ascoltatore. Dice:

"L'artista vero ci dà in certo modo con i suoi capolavori, che sono giocattoli di fronte alla natura, capolavoro di Dio, il senso di chi è Dio e ci fa rilevare nella natura l'orma trinitaria del Creatore: la materia; la legge che la informa, quasi vangelo della natura; la vita, quasi conseguenza dell'unità delle prime due. L'insieme poi è qualcosa che continuando a "vivere" offre l'immagine dell'unità di Dio, del Dio dei viventi".

Compito dell’artista, quindi, è:

"glorificare Dio aiutando a scoprire, coi suoi capolavori, le infinite bellezze del capolavoro di Dio, la creazione, di cui certamente una delle più belle opere è proprio l'anima d'un grande e vero artista"31.

E ancora :

"Guardando la natura sembra che Gesù dia il suo comandamento nuovo anche ad essa. Ho osservato due piante (...) Si amano fino all'abbandono, fino a perdere - per così dire - la loro personalità come Gesù nell’abbandono. Poi dal fiore, che ne scaturisce, nasce il frutto e perciò la vita continua. È come la Vita eterna di Dio improntata alla natura"32.

Ma cosa è questo "perdere (...) la loro personalità come Gesù nell’abbandono"?

Chiara altrove spiega che :

"Egli aveva insegnato che nessuno ha maggiore carità di colui che pone la vita per gli amici suoi. Egli, la Vita, poneva tutto di sé. Era il punto culmine, la più bella espressione dell'amore. Amava da Dio. Con un amore grande come Dio"33.

È lì, nell'abbandono che: "Egli manifesta (...) tutto l'amore di un Dio, capace di farsi nulla di sé per essere solo la volontà del Padre su di Lui, di farsi l'inesistenza per sé per essere solo la carità verso gli altri"34.

Ma, dice ancora Chiara:

"quella divina piaga spirituale che gli si è aperta in cuore, quando anche il cielo fu chiuso per Lui, non è forse una porta spalancata, attraverso la quale l'uomo può finalmente unirsi a Dio e Dio all'uomo"35?

Questa "porta", questo "nulla", questa "trasparenza" non potrebbe essere la chiave per il rapporto compositore-esecutore e, ancora, esecutore-ascoltatore? Ma inserendosi in questo nulla=Gesù abbandonato=amore, l'esecutore comunica qualcosa di infinitamente più grande, la musica diventa comunicatrice di Dio, espressione sua. E questo attraverso l'anima dell'esecutore che, in Gesù Abbandonato, è come "la pupilla dell'occhio di Dio"36 attraverso la quale Dio può accostarsi all'uomo e l'uomo vedere Dio. È Lui che arriva a chi ascolta attraverso la musica nella quale, come abbiamo detto all'inizio, "...il divino non vi si nasconde in modo del tutto congruente: la supera e sembra agire qui non tanto come forma, ma direttamente tramite la forma, come attraverso un velo sottile"37.

E come "non si può separare la croce dalla gloria, non si può separare il crocifisso dal Risorto. Sono due aspetti dello stesso mistero di Dio che è amore"38.

Un Amore che è: "vita che vince la morte, luce che rompe le tenebre, pienezza che annulla il vuoto"39 che nel caso dell’esecutore diventa interpretazione "pura", cioè purificata del superfluo, portatrice del pensiero del compositore e, allo stesso tempo, piena realizzazione di se stesso da parte dell’esecutore come artista perché colmato della luce di Dio = ispirazione.

IL "MOLTI-UNO" PERCEPITO NELLA MUSICA

 In una raccolta di racconti di J. R. R. Tolkien, The Silmarillion, c'è una piccola favola che si intitola "Ainulindale: la Musica degli Ainur"40. In essa si descrive il rapporto fra Dio e gli angeli come un "parlare in musica". Dio li chiama e propone loro un maestoso tema. Chiede loro di elaborarlo insieme usando tutte le loro facoltà e fantasia per farlo. E così nasce una musica: "...un suono di melodie eterne che si intrecciano in armonia" che riempiono i cieli fino a traboccare nel "Void" (spazio cosmico) che così "non era più vuoto".

Mi è sempre piaciuta questa favola della creazione dell'universo come una composizione musicale compiuta "in unità", ed ho sempre pensato che è così che si comporrà in cielo. Ma in questi quasi 30 anni di lavoro in musica mi sembra di avere assaggiato un po' cosa voglia dire questo "cielo sulla terra", ed è questo che mi spinge ad affrontare ora questo argomento. Abbiamo accennato, all'inizio di questo lavoro, alla capacità della musica di comunicare i sentimenti dell'uomo. Ora che ci accingiamo a parlare specificamente della composizione frutto di due o più persone che hanno preso l'impegno di tenere Gesù in mezzo a loro come premessa di ogni lavoro, può essere utile vedere prima in che modo la musica "capta" i sentimenti e li ridona a chi l'ascolta.

La musica come comunicazione41

È’ esperienza di tutti che il tono della voce è la base elementare per riconoscere i sentimenti di chi parla, al di là delle cose che dice. I suoni dicono quello che uno sente. È proprio questo il fondamento che ci consente di "giocare con i suoni" (con le note e i ritmi) in maniera tale da amplificare questo fenomeno già naturale dell'uomo.

Prendiamo ora il caso di un musicista che intenzionalmente voglia comporre approfittando di questa esperienza di base e cerchi di produrre un "gioco di suoni" associato a un suo modo di sentire, per comunicarlo. La prima cosa che farà (coscientemente o incoscientemente) è immaginarsi un destinatario42 che, in ipotesi, sia capace, sentendo la sua musica, di percepire i sentimenti che l'hanno spinto a comporla. Tutti i momenti del processo musicale sono guidati dall'immaginazione, anche inconscia, di quell'interlocutore ideale e, in realtà, la creazione, il lavoro musicale non può ritenersi completo finché non arriva all'ascoltatore. Se non fosse per quel momento, forse la sua musica non nascerebbe43.

Ma facciamo un passo più in là. Immaginiamo di voler realizzare un'ulteriore sfida: far ascoltare, nella musica, non soltanto il modo in cui "uno" si sente, ma il modo in cui "molti si sentono uno". Abbiamo detto prima che la musica è specializzata proprio in questo, che ha delle "antenne" capaci di "captare" i modi di sentire. Per definizione, allora, dovrebbe riuscire a far sentire anche "i legami" fra i modi di sentire; e dunque comunicare agli altri l'importanza e la bellezza di questi legami.

Un esempio della competenza che la musica ha a questo riguardo è quello del suono di un’orchestra, di un gruppo, di un coro quando, oltre che realizzare un'unità perfetta al servizio del sentire di un altro (per es. Brahms, Debussy, Copland ecc.) i musicisti hanno l'intenzione di far sentire a chi ascolta (il "pubblico") la bellezza, la felicità del loro sentirsi "una cosa sola". I Wienerphilarmoniker hanno un particolare "suono", i Berliner un altro: ma la loro speciale qualità è quella di "coinvolgere" profondamente gli ascoltatori nell’unità del loro suono. Sono orchestre dietro le quali non c'è soltanto una stabilità di lavoro, ma l'ambizione di far percepire, oltre all'efficacia che risulta quando i musicisti si mettono insieme a suonare, anche la bellezza di questa unità per noi. Essa diventa un progetto, essa stessa è un valore, non soltanto uno "strumento per..."

Certo, tutto questo non si sentirebbe se gli orchestrali non avessero l'intenzione di farlo sentire, perché per suonare Brahms non è essenziale, ma per far sentire quale felicità ci sia nel suonare Brahms come "un sol uomo", è necessario. Ovviamente, per poter ascoltare queste orchestre in modo da diventarne consapevoli, da avere la gioia di riconoscere queste caratteristiche nella musica, bisogna essere disposti a riceverle. Se si pensa che i Berliner abbiano quel suono semplicemente perché sono tutti stradiplomati o perché sono dei tecnici formidabili, forse nella bellezza della sezione degli archi non si sentirà nient'altro.

La musica come espressione e partecipazione della realtà di Gesù in mezzo a noi

Immaginiamo ora di voler coltivare un'ambizione ancora maggiore: riuscire a far percepire quella diversa qualità, con l’obiettivo di far percepire in quel "legame" comune qualcosa di assoluto. Per esempio, perché chi suona o chi compone ha sperimentato e vive quella presenza di Gesù che si realizza quando due o tre sono riuniti nel suo nome (cf. Mt 18, 20) con tutte le condizioni necessarie. Qui non è la somma degli sforzi o delle capacità individuali. Non si tratta nemmeno soltanto di fare un miscuglio, ma una combinazione come dice Chiara Lubich: "...che resta di due o più anime che si combinano? Gesù-L'Uno"44.

Chiara ne ha parlato nel suo tema al Convegno dell'arte 1999, Dio bellezza e il movimento dei focolari e ha lanciato un invito appassionato al termine di quel suo discorso. Lo ripeto qui perché mi sembra dia una base chiara per parlare della creazione musicale come espressione e partecipazione della realtà di Gesù in mezzo.

"Dobbiamo attendere quindi una nuova arte45. E quali saranno queste sue qualità? Esse non potranno non essere espressione del suo aspetto personale e di quello collettivo.

È vero perciò, e lo ribadisco ora, quanto ho affermato l'estate scorsa: non è sempre necessario, per fare una nuova opera d'arte, che essa sia frutto d'un collettivo con la presenza di Cristo in mezzo agli artisti. È necessario che Egli sia posto fra i singoli una volta, e divenire così una sola anima, perché poi, distinti, il tutto sia in ciascuno.

Ma è possibile anche quanto affermo ora.

Dice Camus: "Chi ha scelto il destino di essere artista perché si sente diverso, ben presto impara che non fruirà della propria arte e della diversità stessa se non cerca la similitudine con gli altri. L'artista si forgia in questo perpetuo andirivieni tra se stesso e gli altri, a mezza strada tra la bellezza (dalla quale non può astrarsi) e la società (dalla quale non può strapparsi) "46.

E allora, giacché la vicinanza con gli uomini non toglie nulla all'artista, anzi lo arricchisce, si può pensare anche ad un'arte frutto d'un gruppo di artisti dediti alla medesima espressione artistica, uniti nel nome di Gesù, espressa poi nelle opere dall'uno o dall'altro"47.

Il legame di Cristo in mezzo agli artisti non è soltanto "mezzo per...", ma è anche fine, perché porta in sé qualcosa destinato a non interrompersi, qualcosa di eterno.

Certo, anche questo (come le qualità delle orchestre) può essere "sentito" nella musica se c'è la disposizione adatta a cogliere, in quella vibrazione, una particolare fusione, un presentimento di quella concentrazione che si realizza lì in una particolare armonia48. L’esperto potrà riconoscerlo anche in determinati aspetti della composizione e della performance. Tutti però potranno sentire – anche senza riconoscerne le ragioni musicali - la risonanza.

Guardiamo ora più da vicino l'esperienza di "inventare musica" con la presenza di Gesù in mezzo a "due o più" compositori49.

Chi già compone in questo modo sperimenta che prima di affrontare qualsiasi lavoro è necessario avere la prontezza a dare tutto, anche la vita: "Nessuno ha un amore più grande di questo..." (Gv 15, 13). Da questa misura d'amore nasce il desiderio che ogni nota scritta esprima il loro consumarsi in uno, lo sforzo di non vivere se stessi ma la Parola, quella parola tutta dispiegata che è Gesù abbandonato50. Poi chiedono a Gesù Eucaristia, in un patto reciproco51, di operare Lui stesso, secondo il disegno del Padre, l'unità sul "nulla d'amore" di ciascuno.

E cosa può comportare quell'impegno di essere un "nulla d'amore"52 davanti all'altro nel lavoro concreto di una composizione? È senz'altro molto esigente. Vuol dire saper spostare continuamente tutto, anche l'ispirazione, per ascoltare, per accogliere l'altro. Vuol dire essere pronti a perdonare se c'è qualche screzio e ricominciare subito. In poche parole, come dice Chiara nel tema citato al convegno d'arte, parlando della Scuola Abbà, questo modo di lavorare "...chiede un prezzo: la morte totale di ogni io perché un altro Io, e questo maiuscolo, trionfi in tutti e in ciascuno. È ciò che abbiamo imparato nel '49 quando una luce sfolgorante ci ha abbagliato". E cita un commento a quelle "intuizioni" o "ispirazioni": "A chi ama Gesù Abbandonato è richiesto il distacco dal modo di pensare, dal pensare stesso: è questo il non-essere della mente. Ma ciò vale anche per la volontà, la memoria e la fantasia (sinonimo di ispirazione artistica). Noi raggiungiamo queste morti "perdendo" (sapendo spostare anche quella che si pensa la propria ispirazione)"53.

Ma "...noi, perdendo la "nostra" personalità umana, acquistiamo quella di Cristo, molto più forte, molto più distinta"54.

E come succede questo?

Il compositore che si esprime per primo cerca di esprimere la sua ispirazione, e la dona agli altri che lavorano con lui. Questi la accolgono come dono, non limitandosi all'ascolto ma cercando di fare propria questa idea musicale fino a sentirla loro, realmente. A questo punto il compositore si è "espropriato" della sua ispirazione, l'ha persa, perché l'ha donata agli altri e loro l'hanno accolta. Gli altri, a loro volta, dicono il loro pensiero (che può essere un suggerimento musicale, per esempio una variazione di ritmo o di armonia ecc.), pensiero che è frutto dell'avere accolto con amore l'ispirazione del compositore. A questo punto il compositore riceve dalle loro mani la sua ispirazione arricchita dal pensiero degli altri. Così si realizza il "Patto" fatto all'inizio del lavoro, dove l'essere pronti a morire l'uno per l'altro (nel senso di dare tutto, anche l'ispirazione, che per un compositore è la cosa più profonda e sacra) è un morire e risorgere come Gesù. Così la composizione diventa un continuo atto di amore il cui risultato è una musica55 che si rende partecipe della realtà di Gesù in mezzo a due o più compositori, diventandone anche espressione.

Questa esperienza fa maturare anche il singolo compositore come persona e come musicista, perché nella fusione in un'anima sola56 ciascuno rimane pienamente se stesso, ma non si tratta di un "io" egoista, bensì di un "io" consumato in uno. Ed allora vengono potenziati anche i suoi talenti, il suo bagaglio culturale ecc...57. Penso che a questo punto sia utile notare che la musica è una delle arti che più si presta ad un "prendere forma" collettivo. Infatti, tutte le variazioni di una proposta musicale (melodia, armonia, ritmo e struttura) possono essere scritte, oppure incise in tempo reale su nastro o hard-disk. Questo fa sì che una cellula, o anche un’intera composizione, possa essere elaborata e ri-elaborata, pur conservando sempre tutte le proposte precedenti. Per questo stesso motivo, si può giungere anche ad un'ulteriore fase: quando il compositore (o i compositori) hanno elaborato il brano fino a sentire che non c'è più niente da aggiungere, si può passare ad un altro confronto nel quale i suggerimenti di altri (anche non-musicisti, come primo specchio del pubblico) possono essere vagliati e provati in concreto. La musica prende e cambia forma senza che questo sia un processo irreversibile.

 Vorrei fare alcune citazioni che mi sembrano sottolineare quanto detto finora.

La prima è di I. Strawinsky che, parlando agli studenti di Harvard, dice: "La mia libertà consiste dunque nel muovermi nel piano limitato che mi sono prefisso per ciascuna delle mie imprese. Dirò di più: la mia libertà sarà tanto più grande e profonda quanto più strettamente limiterò il mio campo di azione e quanto più numerosi saranno gli ostacoli di cui mi circonderò. (...) Più ci si impongono delle costrizioni e più ci si libera di queste catene che impastoiano lo spirito". "...Saper scartare (...) tale è la grande tecnica dell'Uno attraverso il Molteplice..." 58

Allora anche le "costrizioni" che esige l'amore reciproco (= nulla d'amore) diventano positive, terreno di ispirazione, perché ci riempiono di Dio = luce.

Parlando dell'ispirazione e del lavoro di un gruppo di compositori che creano musica con la presenza di Gesù tra loro, Pier Angelo Sequeri, musicologo e compositore, insegnante di teologia e filosofia, che da 30 anni fa ricerche in "estetica e teologia", afferma:

"L'ispirazione è fatta di forze e forme. Essa, nel momento in cui si produce, è una forza, un'energia creatrice che, per definizione, non trova la forma già fatta: se la cerca, spinge a trovarla. L'ispirazione, quindi, è quella che sostiene la scelta, il discernimento e la plasmazione. Quando hai finito di cercare, di fare, riconosci che l'ispirazione ha trovato la sua forma. Forze e forme: due campi che hanno bisogno l'uno dell'altro. Creare un brano musicale le esige tutte e due. Se l'ispirazione è una forza che viene da quel legame (il "molti uno", la presenza di Dio fra noi) la forma a cui è destinata è la forma di un'unità, e quell'ispirazione non avrà pace fino a quando non l'avrà trovata. Perché era già predisposta per non accontentarsi, per non fermarsi finché non avesse trovato quella forma. Per questo allora le correzioni, il fare spazio, le fatiche, le tensioni, finché tutti non sono contenti: perché quell’ispirazione "collettiva" riposi nella sua forma ed esprima il legame dell'unità"59.

Sempre Sequeri, nel suo studio Antiprometeo. Il musicale nell'estetica teologica di Hans Urs Von Balthasar, parlando della rivelazione cristiana dice:

"Essa appunto, culminando nella figura del crocifisso (la "forma" incontenibile, anzi la "forma delle forme"), riceve dallo Spirito Santo quel sensorium, "che forse possiamo designare nel modo migliore come il senso estetico soprannaturale, il quale scorge le forme e i rapporti intesi da Dio, e nella cui forza luminosa di persuasione si esplica e si presenta la rivelabilità del divino in atto di mostrare e comprovare sé stessa""60.

C'è poi un brano di Chiara che mi sembra particolarmente adatto per riassumere quanto abbiamo detto in quest'ultima parte sulla composizione musicale come espressione di Gesù in mezzo a noi. Mi sembra che contenga anche un’indicazione per chi si vuole lanciare nella divina avventura di lavorare in questo modo: "vedere il Paradiso anche con la fantasia".

"Gesù abbandonato perché non è, è (Chiara aggiunge: perché ama, è).

Noi siamo, se non siamo. Se siamo, non siamo.

Dobbiamo essere "spensierati" perché figli di Dio. I figli di Dio non hanno pensieri. Solo quando non avremo pensieri, la nostra mente sarà tutta aperta e riceverà costantemente la luce di Dio, e sarà canale (Chiara aggiunge: "È richiesto il distacco dal nostro modo di pensare, dal pensare stesso: è questo il non-essere della mente. È questo che ci fa come Gesù Abbandonato. E ciò vale anche per la volontà, la memoria, la fantasia").

Così dobbiamo essere senza volontà (volontà nostra nel senso possessivo della parola) per avere la capacità della volontà di Dio.

E senza memoria per ricordare solo l'attimo presente e vivere "estatici" (fuori di noi).

Senza fantasie per vedere il Paradiso anche con la fantasia, perché il Paradiso è il sogno dei sogni"61.

È un argomento questo, che affascina e meriterebbe un approfondimento molto più ampio di quello che ho potuto iniziare qui, per sviscerare come la musica, che in quanto arte contribuisce a "dare forma" al divino, sia parte di quel "Come in cielo, così in terra" di Gesù. Perché se è vero che "La grande Babilonia è privata della musica: è il segno di un silenzio definitivamente mortale"62, è anche vero che in Paradiso

"Non ci saranno musiche, ma la Musica. Non poesie, ma la Poesia. Non fiori, ma il Fiore. La Musica delle musiche (= che saranno musiche di musiche pure esse)... Poesia delle poesie... Fiore dei fiori... Cieli e terra nuova..."63.

MARIE THÉRÈSE HENDERSON

 NOTE

 

1 Cf. H. U. Von Balthasar, Lo sviluppo dell’idea musicale, Glossa, Milano 1995, p. 17.

2 Ibid.

3 "La musica essenzialmente agisce sul sentimento col sentimento. Essa si apprezza solo in quanto suscita sentimento e può essere espressa solo da un attivo sentimento" (C. E. Seashore, Psychology of Music, Dover Publ., New York 1967, p. 9).

(Le traduzione dei testi in lingua, citati in questo lavoro, sono nostre.)

4 H. U. Von Balthasar, Lo sviluppo… cit., p. 14.

5 Se una persona sta per un tempo prolungato in camera anecoica, cioè in una stanza dove pavimento, pareti e soffitto sono isolati acusticamente per escludere nella massima misura possibile ogni effetto riverberante, può avere dei disturbi, per es. l’attenuazione transitoria del senso dell’equilibrio. Cf. P. Righini, Lessico di Acustica, Zanibon, Padova 1980, p. 31.

6 C. Lubich, cit. in P. Coda, Dio e la creazione - I,, "Nuova Umanità", XX (1998/1), n.115, p. 75.

7 Ibid., p. 83.

8 "Nel pensiero di Chiara, in sintonia con la grande tradizione teologica dei Padri della Chiesa e dei Dottori del Medioevo, i raggi che, nella creazione, partono dal cuore del Padre, che è il Verbo, e sono divergenti, arrivano anche a tutte le realtà create, che ricevono così l'impronta della Trinità: materia-legge-vita a mo' del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (P. Coda, "Viaggiare" il Paradiso, "Nuova Umanità", XIX (1997/2), n.110, p. 224).

9 Per approfondire, vedi P. Righini, Lessico… , cit., p. 78.

10 P. Righini Lessico…, cit., pp. 218-220.

11 C. Lubich, cit. in Come un Arcobaleno, Città Nuova, Roma 1999, p. 368.

Vedi anche P. Coda, Dio e la creazione - 1, cit., p.83: "La creazione, proprio perché avviene - come direbbe S. Tommaso - sul prolungamento delle processioni divine nel cuore della Trinità, reca in sé l'impronta trinitaria. E questo non solo per ciò che concerne la struttura ontologica d'ogni singola cosa - come ben sa la tradizione teologica e mistica cristiana - ma anche per ciò che concerne la relazione tra le cose".

12 C. Lubich, Scritti Spirituali/2, Città Nuova, Roma 1978, pp. 139-141.

13 "Suono puro": suono prodotto da un moto vibratorio sinusoidale, privo di componenti armoniche. Vedi P. Righini, Lessico…, cit., p. 205.

14 Leonard Bernstein così spiega le armoniche in The Unanswered Question: "Se mi siedo al pianoforte e suono un Do basso, penserai che stai sentendo solo quel tono - una nota bassa, ricca e scura - ma non è così. Tu stai sentendo simultaneamente tutta una serie di toni più alti che stanno risuonando nello stesso momento. Questi sono sistemati in un ordine preordinato dalla natura e regolato da leggi fisiche universali. Queste note più alte, delle quali forse non sei cosciente, sono il risultato di un fenomeno naturale per il quale ogni sorgente sonora, o dovrei dire "sorgente di nota", come quella corda del pianoforte, vibra non solo come corda intera, suonando quel Do basso, ma anche in segmenti frazionali di quella corda, ciascuno dei quali vibra separatamente. È come se la corda fosse divisibile infinitamente, in due metà, tre terzi, in quattro quarti e così via. Più piccoli sono questi segmenti, più velocemente vibrano, producendo frequenze sempre più alte e così armoniche sempre più alte. Queste armoniche risuonano tutte insieme con il suono fondamentale della corda intera" (L. Bernstein, The Charles Eliot Norton Lectures, Harvard, Cambridge 1976, p. 19).

15 "Tutta la musica - sia folk, pop, sinfonica, modale, tonale, atonale, politonale, microtonale, ben temperata o "mal temperata", musica del distante passato o dell'imminente futuro - tutte queste hanno un'origine comune nel fenomeno universale della serie armonica" (Ibid., p. 33).

16 C. Lubich, Come un Arcobaleno, cit., p. 378.

17 Cit. in P. A. Sequeri, Anti-Prometeo, Glossa, Milano 1995, pp. 82-83.

18 "Nell'interpretazione di Von Balthasar (...) l'arte e la religione mirano a quello stesso centro che proprio nella connessione riuscita di religione e arte si percepisce. Vale a dire quel presentimento della prossimità del "Tu" divino che ci è presente in modo tutto irrapresentabile" (P. A. Sequeri, Anti- Prometeo, cit., p. 72).

19 Una lettura della natura e la percezione del ritmo ci presenta C. E. Seashore in Psychology of Music, cit., pp. 138-148.

20 Cf. Platone, La Repubblica, Timeo in Opere complete, Laterza, Roma 1973.

21 Il metro è un valore che disciplina il movimento dei suoni fissando il modello costante che scandisce loro successione (durata e accenti).I suoi valori numerici sono indicati subito dopo l’armatura di chiave (tonalità). Il tempo è il grado di velocità di una composizione: lo troviamo indicato all’inizio di un brano (per esempio: allegro oppure adagio) per dirci il movimento più o meno rapido a cui tenersi durante lo svolgimento. Il ritmo, invece, è "l’immagine insostituibile della qualità del movimento sonoro".

( P. Righini, Lessico…, cit., p.145). In pratica è il tipo di "pulsazione" che caratterizza un determinato brano musicale.

22 Per una più approfondita analisi del rapporto fra metro, tempo e ritmo rimando a L. B. Meyer, Emotion and Meaning in Music, Chicago Press, Chicago 1956, pp. 102-127. (Traduzione italiana, Il Mulino, Bologna 1992).

23 Cf. P. A. Sequeri, Nota 28 in H. U. Von Balthasar, Lo sviluppo dell'idea musicale.

24 H. U. Von Balthasar, Lo sviluppo…, cit., pp. 31-33.

25 "Era stata trovata la forma per la quale era "segnato" il pensiero che essa portava iscritto nella propria sostanza. In questo era sovrana" (Ibid., p. 32).

26 Ibid.

27 Citato qui com’è stato riportato da J. Povilus in un suo articolo in "Nuova Umanità", XXI (1999/3-4), n.123/24, p. 335, che approfondisce alcuni spunti di matematica a confronto con scritti di Chiara Lubich.

28 Può anche coincidere che il compositore sia l'esecutore delle sue opere, ma in genere ci vuole più di un musicista.

29 "Fra l'esecutore puro e semplice e l'interprete propriamente detto esiste una differenza di natura che è di ordine etico più che estetico e si risolve in un caso di coscienza: teoricamente si può pretendere dall'esecutore la sola traduzione materiale della sua parte, che egli compirà volentieri o di cattivo umore, mentre si ha il diritto di ottenere dall'interprete non solo che quella traduzione materiale sia perfetta, ma una specie di compiacenza amorosa, il che non significa una collaborazione furtiva o deliberatamente affermata" (I. Strawinsky, Poetica della musica, Curci, Milano 1995, pp. 109-110).

30 Ibid., p. 112

31 C. Lubich, Il Ricreatore, in Scritti Spirituali/1, Città Nuova, Roma 1978, pp. 204-205.

32 C. Lubich, Maria fiore dell’umanità, "Nuova Umanità", XVIII (1996/1), 103, pp. 15-17.

33 C. Lubich, Mistero d'amore, in Scritti Spirituali/1, cit., p. 3.

34 Cit. in A. Pelli, Carisma e approfondimento teologico dell'abbandono di Gesù, "Nuova Umanità", XVIII (1996/3-4), 105/106, p. 328.

35 C. Lubich, Incontri con l'Oriente, Città Nuova, Roma 1986, pp. 24-25.

36 C. Lubich, cit. in H. Blaumhauser, Un mediatore che è nulla, "Nuova Umanità", XX (1998/3-4), 117-118, pp. 405-406.

37 H. U. Von Balthasar, Lo sviluppo …, cit., p.17.

38 C. Lubich, Il crocifisso-risorto, in "Città Nuova", 27 (1983), p. 8.

39 C. Lubich, Scritti Spirituali/1, cit., p. 98.

40 J. R. R. Tolkien, The Silmarillion, George Allen and Unwin, London 1977, p.15.

41 "Compositori ed esecutori di tutte le culture, teorici di diverse scuole e stili, esperti di estetica e critici di molte diverse convinzioni sono d'accordo che la musica ha significato e che questo significato è in qualche modo comunicato a partecipanti ed ascoltatori. (...) Ma cosa costituisce il significato musicale e da quali processi è comunicato è stato oggetto di numerosi e spesso caldi dibattiti" (L. B. Meyer, Emotion and Meaning in Music, cit., p. 1).

42 "... (il creatore) cerca naturalmente di entrare in contatto con il suo prossimo, che diventa in tal caso il suo ascoltatore. L'ascoltatore reagisce e diventa il compagno nel gioco iniziato dal creatore" (I. Strawinsky, Poetica…, cit., p. 117).

43 Cerco di sintetizzare un esempio dato da D. Cooke nel suo The Language of Music, Oxford, New York 1959, pp. 197.209-210: "Quando sentiamo il suono vivo delle battute di apertura del Gloria della Missa Solemnis, (...) ci sentiamo emozionalmente coinvolti e presumiamo che stiamo rispondendo direttamente all'emozione che il compositore ha voluto esprimere, (...) Beethoven, per dare sfogo al suo sentimento di gioia in "La gloria di Dio", avrebbe potuto saltare di gioia o gridare di gioia (...) e così comunicare il suo sentimento di gioia ad alcuni che vivevano a Vienna a quel tempo. Essendo un compositore, non si accontentava di trasformare la sua potente energia emozionale in forme così effimere di energia fisica, ma sentiva il bisogno di convertirla in una forma di energia permanente, immagazzinata, trasportabile e riproducibile - un grido di gioia musicale, si potrebbe dire - così che tutto il mondo potesse sentirlo e continuare a sentirlo dopo la sua morte. (...) La partitura è semplicemente un messaggio di Beethoven lungo gli anni: "Prendi una tromba in Re e suona queste note, a questo volume, con questo ritmo, a questa velocità, e quelli che si trovano nel raggio d'ascolto sapranno quello che ho provato"".

44 C. Lubich, Scritto inedito del 1946.

45 Un altro spunto molto bello, sempre di Chiara, si trova in Risurrezione di Roma, "Nuova Umanità", XVII (1995/6), 102, pp. 5-8.

46 A. Camus, Oeuvres Complétes, pp. 1071-1072 cit. C. Lubich, Dio Bellezza e il movimento dei focolari, "Nuova Umanità", XXI (1999), n.3-4, p. 327.

47 C. Lubich, Dio bellezza e il Movimento dei Focolari, in "Nuova Umanità", XXI (1999/3-4) 123-124, pp. 326-327.

48 Vorrei portare qui l'esempio di un coro siciliano che, avendo ascoltato da un' incisione su CD l’esecuzione di un brano a 4 voci, vi hanno sentito quella "particolare fusione", pur non sapendo nulla delle motivazioni o di come era stato inciso. Hanno fatto un lavoro meticoloso per riprodurre esattamente tutte le sfumature dell'esecuzione. Come risultato del loro lavoro, oltre ad un'ottima riuscita tecnica, si sono trovati fortemente uniti e per questo hanno voluto incontrare personalmente il gruppo che aveva inciso il brano, per conoscere l'esperienza che stava alla base.

49 L'esigenza di una creazione musicale frutto della collaborazione si avverte già in vari esponenti della musica odierna. Riportiamo alcune citazioni da The Craft of Lyric Writing di S. Davis, Writer's Digest Books, Cincinnati, 1985, pp. 254-261: "Il lavoro d'equipe richiede sia la fiducia in sé dell'individuo, sia la fiducia reciproca nel talento dell'altro. Siccome ognuno conosce le potenzialità del partner, entrambi possono rigettare le mediocrità ed esigere gli sforzi migliori dell'altro. Ma il discernimento per riconoscere quando una canzone potrebbe migliorare e la diplomazia per chiedere al collaboratore di fare i cambiamenti sono frutto dell'esperienza". "Scrivere insieme è meglio perché ci si può confrontare l'uno con l'altro. Se uno va per la tangente, l'altro lo riporta sulla strada giusta. Noi ci nutriamo l'uno dell'altro sempre" (Kye Fleming e Dennis Morgan). "Mi sento molto meglio quando c'è qualcuno lì come cassa di risonanza" (Carol Sager). "Tu sei responsabile della qualità della musica del tuo collaboratore, e non dimenticarlo mai, perché se gli permetti di produrre qualcosa meno di meraviglioso, sei colpevole" (Carolyn Leigh).

50 C. Lubich, La vita,un viaggio, Città Nuova, Roma 1994, p. 88.

51 Questo "Patto" è approfondito da F. Ciardi, Sul nulla di noi, Tu, "Nuova Umanità", XX (1998/2), 116, p. 243.

52 A. Pelli, Carisma e approfondimento teologico…, cit., pp. 333.

53 C. Lubich, Dio Bellezza ..., cit., p. 328.

54 C. Lubich, cit. in Alcuni cenni su Gesù Abbandonato, G. Zanghì, "Nuova Umanità", XVIII (1996/1), 103, p. 37.

55 La "qualità" e lo stile della musica che si produce sono anche legati alla competenza dei compositori e alle loro scelte.

56 "La tua anima non é più la tua, ma di tutti i fratelli ed anche le loro anime sono le tue, o meglio, le loro anime insieme alla tua non formano più se non un'Anima sola: l'unica Anima di Cristo": S.Agostino, Ep..243, 4: PL 33, 1056.

57 "Quanto più ci consumeremo in uno, tanto più acquisteremo la virtù dell'altro (omnia mea tua sunt) in modo che saremo tutti uno, ciascuno l'altro, ognuno Gesù. Saremo tante persone uguali, ma distinte, perché le virtù in noi saranno rivestite dalla virtù caratteristica che formerà la nostra personalità. Rispecchieremo la Trinità, dove il Padre è distinto dal Figlio e dallo Spirito, pur contenendo in sé e Figlio e Spirito Santo. Uguale quindi allo Spirito che contiene in sé e Padre e Figlio, e al Figlio che contiene in sé e Padre e Spirito Santo": C. Lubich, scritto inedito del 1950.

58 I. Strawinsky, Poetica…, cit., p. 59.

59 Le espressioni sono tratte da un colloquio con l’autore. Su questi temi, cf. P. A. Sequeri, L’estro di Dio, Glossa, Milano 2000.

60 H. U. Von Balthasar, Rivelazione e Bellezza, cit. da P. A. Sequeri in Antiprometeo, cit., p. 83.

61 C. Lubich cit. da G. M. Zanghì in Alcuni cenni su Gesù Abbandonato, "Nuova Umanità", XVIII (1996/1) 103, p. 39.

62 P. A. Sequeri, Antiprometeo, cit., p.128.

63 C. Lubich, cit. da P. Coda, "Viaggiare" il Paradiso, "Nuova Umanità", XIX (1997/2) 110, p. 224.